LA COMPASSIONE DONA VITA - Lc 7,11-17 | ||
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Dal Vangelo secondo Luca |
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alla porta della città |
Questo episodio è raccontato solo da Luca che lo inserisce tra la guarigione del servo del centurione a Cafarnao e la missione dei discepoli di Giovanni, in cui Gesù afferma la sua messianicità andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia (Lc 7,22). Da una parte è l’esaltazione della fede del centurione e dall’altra l’indicazione dei segni che accompagnano la rivelazione del Messia. Il testo dunque è fortemente connotato in senso simbolico. La porta della città è luogo di convegno e raduno (Cfr. Gn 23,28), della giustizia e di giudizio (cfr. Gs 20,4; 2Sam 15,2; Gb 29,7)), luogo di scontro (cfr. 2Sam 10,8); la porta della città ha in sé il senso della protezione come quello della libertà, della inclusione come quello della liberazione. Dalla porta della città di Nain esce un corteo funebre formato da molta gente. È morto un ragazzo, unico figlio di una madre rimasta vedova. Verso la porta della città, sulla stessa strada ma in senso completamente contrario c’è una grande folla che accompagna Gesù con i suoi discepoli. La porta della città è il luogo dell’incontro di queste due folle contrapposte non solo nella direzione del cammino: l’entrare e l’uscire, la morte e la vita, la fine e l’inizio, la sterilità e la fecondità, il dolore e la gioia, la disperazione e la speranza … Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello… (sequenza pasquale). |
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«Non piangere!» |
L’episodio è descritto in modo essenziale, le due folle sembrano appena sfiorarsi, quasi non si incontrano, ognuno ha la sua strada, chi era con lui, il Signore, e chi con lei, la madre vedova. La rassegnazione è disarmante, ognuno è carico di se stesso e della propria prospettiva, da una parte il cimitero, la città dei morti, dall’altra la città degli uomini. «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va' e annuncia il regno di Dio» (Lc 9,60) dirà il Signore a chi voleva seguirlo. |
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àlzati! |
Gesù si avvicinò e toccò la bara (il verbo è al passivo come dire che si attaccò al feretro); agli ebrei era chiesto di mantenere distanza dalla morte, di non lasciarsi contaminare, ma non il Signore che dalla morte si lascia coinvolgere, non per subirla ma per vincerla. Come è possibile entrare nella pienezza della vita se non affrontando il mistero della sua negazione? Il racconto di Luca ci offre una progressione: Gesù si avvicina, tocca il feretro, parla al morto, lo invita ad alzarsi, poi restituisce il futuro a lui, alla madre e a tutta la gente; ci parla dell’opera di Dio che salva l'umanità, si china su di lei restituendole speranza e fecondità. La sua Parola che rende ancora feconda la vita soppressa dalla morte, che scioglie la lingua del ragazzo e delle folle diventate una nella stessa lode «Dio ha visitato il suo popolo». La reazione delle folle è l’esperienza dell’umanità che scorge la novità di Dio che si fa nuova ancora oggi chiedendoci una risposta di Fede e di lode. |
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